Presupposti teorici

Le Villette orientano la loro pratica a partire dalla psicoanalisi freudiana, secondo l’orientamento di Jacques Lacan. Uno dei principali apporti di Sigmund Freud e, successivamente, di Jacques Lacan alle problematiche del bambino, dell’adolescente e del giovane e al campo dell’autismo, delle psicosi e del disagio mentale è stato quello di reintrodurre in questi campi la dimensione del soggetto.

L’insegnamento di Freud e Lacan

Riconoscere a tutti, inclusi i genitori, un posto di soggetto, implica alleggerire ciascuno dalla dimensione della colpa e implicare nello stesso tempo il soggetto nel disagio di cui patisce

Per Freud e per Lacan l’autistico, lo psicotico, così come chi è colpito da una qualche patologia organica, è anzitutto considerato come soggetto a pieno titolo, soggetto responsabile. Ciò significa supporre che il disagio psichico e mentale o la psicosi non siano condizioni “deficitarie” in rapporto alla “normalità” definita dalla norma statistica o dal senso comune, ma condizioni di particolare fragilità, che possono essere accompagnate a trovare delle proprie risorse per far fronte alle difficoltà nell’avere a che fare con il proprio corpo, con gli altri e col mondo.

Allo stesso modo, per quanto riguarda i soggetti nell’età infantile o giovanile, il presupposto è che il bambino e l’adolescente non rappresentino una tappa evolutiva incompleta rispetto ad una supposta completezza dell’adulto. Pur con modalità particolari, il bambino e l’adolescente sono a loro volta e innanzi tutto soggetti a pieno titolo, alla ricerca di un modo singolare per far fronte all’esistenza.

Ciò implica sostenere ciascun ospite, quali che siano le difficoltà che presenta, a trovare il suo modo non standard di stare al mondo.
Contrariamente a quanto si è potuto pensare, infine, Freud e Lacan non presuppongono, come causa dell’autismo, della psicosi o della malattia mentale, una causalità legata all’ambiente di vita o comunque un’insufficienza delle cure materne o del contesto famigliare.

Dal momento che il disagio, la difficoltà, l’inadeguatezza sono costitutivi dell’esperienza umana, riconoscere a tutti, inclusi i genitori, un posto di soggetto, implica alleggerire ciascuno dalla dimensione della colpa e implicare nello stesso tempo il soggetto nel disagio di cui patisce.

La causalità del soggetto

In particolare Jacques Lacan, rinunciando a ogni determinismo causale nella genesi della follia - che abbia o meno una base organica dimostrabile - sovverte l’idea della malattia mentale, della follia e del disagio psichico intese come carenza di funzioni, mancata acquisizione di capacità o di possibilità, arresto o difficoltà evolutiva, per farne una delle possibili modalità di relazione di un soggetto al linguaggio e al godimento.

Prendere le difficoltà dei soggetti con cui abbiamo a che fare da questo versante, come modi particolari di situarsi in rapporto al linguaggio e al godimento, modi che a volte comportano gravi sofferenze, chiusura al mondo, instabilità e frammentazione, consente di accogliere gli ospiti delle Villette senza fare dell’eventuale diagnosi di malattia o deficit organico un elemento discriminante.

Ciò non significa contrapporsi alle ipotesi di causalità organica, genetica o neurobiologica alla base dell’autismo, delle psicosi o della debilità. Problemi organici o genetici oppure condizioni sociali o ambientali difficili, un ritardo o una sofferenza subiti alla nascita o nella prima infanzia, tutto ciò avrà indubbiamente delle conseguenze per la costituzione del soggetto, ma non dirà ancora come il soggetto vi risponderà. è questa la causalità del soggetto.

Una clinica del “caso per caso”

Queste premesse portano a una clinica fondata sul caso per caso. Ogni persona accolta è, in questa prospettiva, non il prodotto o l’effetto di una qualche patologia, ma un ospite straniero di cui non conosciamo la lingua, di cui non comprendiamo i gesti e il cui modo di soddisfacimento ci è del tutto estraneo, ma con cui ci proponiamo di percorrere un tratto di strada. Si tratta di farsi partner in maniera tale per cui, ciascuno a suo modo e con le sue risorse, che non sono uguali per tutti, possa situarsi in rapporto al linguaggio e al godimento in maniera non incompatibile con il legame sociale.

Si coglie quindi che il lavoro terapeutico e riabilitativo alle Villette non è appannaggio degli specialisti, ma che ciascun operatore, nella differenza delle funzioni svolte, è chiamato ad implicarsi nel legame. D’altra parte i diversi luoghi in cui si articola la vita alle Villette - i momenti del quotidiano, i laboratori, i gruppi, la scuola o altre attività esterne, ecc. - sono tutti luoghi ugualmente importanti, pur nella specificità di ciascuno di essi, in quanto costituiscono altrettanti momenti in cui ci si può fare partner di quell’estraneo che ci cammina a fianco.

Ciò permette anche di scommettere sul fatto che nessuno sia escluso a priori dalla possibilità di prendere la parola come soggetto, in prima persona. La condizione è che nel legame ci sia un posto in cui questo possa eventualmente prodursi.

In questo senso, la pratica clinica delle Villette si riferisce a quello che è l’apporto inedito dato dagli psicoanalisti che situano il loro lavoro nel Campo freudiano alla clinica psicoanalitica applicata alle istituzioni.

Non si tratta di praticare delle cure analitiche all’interno dell’istituzione ma di costruire delle istituzioni orientate dalla psicoanalisi e dalla politica che privilegia il particolare del “caso per caso” contro l’universalizzazione e la standardizzazione delle cure

Un lavoro plurale

Diventa allora fondamentale e imprescindibile il lavoro che si svolge fra gli operatori e il modo con cui è costruita la struttura organizzativa. Occorrono infatti una pluralità di funzioni e di luoghi in cui si possa produrre e mantenere l’elaborazione necessaria a produrre un lavoro singolare.

La pluralità è innanzi tutto una pluralità di legami che tende a non escludere nessuno degli operatori dalla possibilità di prendere la parola in prima persona per mettere alla prova e alla discussione collettiva il proprio operato, e farne una risorsa da cui ciascuno può imparare qualcosa.

La pluralità è anche un modo per far sì che la struttura rimanga aperta e incompleta, che la struttura organizzativa si possa modificare per salvaguardare l’orientamento del lavoro, e che per ciascuno, in ciascuna funzione, si mantenga sempre il riferimento a un altrove, elemento vitale sia per gli ospiti che per gli operatori.

La pluralità è infine costituita dai legami indispensabili con le altre istituzioni che, volta a volta, siano coinvolte nel lavoro con un ospite: le famiglie, i servizi invianti, le scuole, la comunità analitica. Questi luoghi, ognuno con le sue specificità, hanno la funzione di apportare il loro contributo, indispensabile all’accoglienza e al lavoro con l’ospite, e di svolgere una funzione costante di verifica e di controllo dell’efficacia della pratica messa in atto nel percorso che l’ospite svolge alle Villette.
In particolare, il rapporto con la comunità analitica, incarnata dalla Scuola Lacaniana di Psicoanalisi e delle Scuole dell’Associazione Mondiale di Psicoanalisi, nonché dalle Sezioni Cliniche del Campo freudiano, costituisce un orizzonte indispensabile per poter scommettere sulla costruzione e sullo sviluppo di una istituzione che voglia avere come bussola l’etica e non la tecnica.

Il Campo Freudiano si costituisce in questo senso come Altro indispensabile per mantenere la pratica istituzionale in una tensione dialettica, impedendole la chiusura su se stessa.

In quest’ottica Le Villette partecipano, ogni volta che se ne dia l’opportunità, a occasioni di studio e Convegni in cui si possa discutere la pratica clinica che in esse si mette in atto, rendendo conto dei risultati ottenuti e delle impasse incontrate.

 


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